
1)
quella che vede la PA possedere informazioni che i cittadini/imprese non hanno,
appunto proprio con la trasparenza;
2)
quella del “politichese”, cioè di un linguaggio non facilmente comprensibile da
tutti coloro che non sono addetti ai lavori (per esempio gli atti, i
regolamenti, le leggi, ecc.), poiché la trasparenza impone un linguaggio
comprensibile e una accessibilità più ampia.
Occorre
raggiungere una maggiore trasparenza adeguata alla dimensione socio-culturale
del nostro Paese, in cui gli strumenti per veicolarla devono, per forza di cose
essere ricercati ed adeguati alla nostra “particolare” realtà, in modo da
garantirne l’effettiva attuazione ed i migliori risultati possibili.
Oltre
che sulla trasparenza organizzativa (bilanci, retribuzioni, assenze, etc.)
occorre oggi puntare molto sulla trasparenza nei dati relativi ai servizi
erogati relativi ai principali settori d’interesse: salute, trasporti, turismo,
giustizia, ricerca, scuola università, criminalità, amministrazione, ecc..
La
trasparenza dovrebbe anche contribuire a prevenire i fenomeni corruttivi,
poiché solo ciò che è integro può essere trasparente e, nel contempo, solo
laddove vi è trasparenza può essere assicurata integrità.
Il concetto di corruzione.
La
corruzione può essere intesa come l’abuso da parte di un soggetto del potere a
lui affidato al fine di ottenerne vantaggi privati. Gli elementi fondamentali
della definizione sono: • il potere che viene affidato; • il soggetto a cui il
potere è stato affidato; • l’abuso di potere che il soggetto realizza; • il
vantaggio privato che deriva dall’abuso.
La
corruzione (nelle sue molteplici varianti) costituisce una deviazione
intenzionale del comportamento dal compito di tutela degli interessi pubblici e
una violazione della fiducia riposta.
Non
si tratta di un mero scostamento dagli standard connessi alla carica, di
inosservanza degli impegni, di non svolgimento in modo non conforme a quanto
previsto: questa è piuttosto inadempienza o frode. Semmai l’idea di corruzione
implica un di più: l’intromissione di un “esterno” (outsider) privato, a cui vengono ceduti illecitamente vantaggi e
arbitrari diritti, all’insaputa e contro il volere della gente o comunque con
una appropriazione privata in modo occulto. I ricavi (payoff) della corruzione sono, per il corruttore come per il
corrotto, di varia natura, ma possono essere convenzionalmente compresi sotto
la categoria generale di rendita.
L’entità della
corruzione.
La
crisi economica internazionale ha imposto la ricerca da parte di tutti i
Governi di un difficile equilibrio tra il necessario rafforzamento degli
interventi per il contenimento dei pubblici disavanzi e l’urgenza di
contrastare la recessione e di sostenere i redditi.

La
corruzione è percepita in Italia come fenomeno
consueto e diffuso, che interessa numerosi settori di attività:
l’urbanistica, lo smaltimento rifiuti, gli appalti pubblici, la sanità e la
pubblica amministrazione, ecc..
Se
l’entità monetizzata della corruzione annuale in Italia è stata stimata in 60 miliardi di euro dal SAeT del
Dipartimento della Funzione Pubblica (cfr. relazione 2008 Trasparency; relazione al Parlamento n. XXVII n. 6 in data 2 marzo
2009 del Ministro per la Pubblica Amministrazione), rispetto a quanto rilevato
dalla Commissione EU l’Italia deterrebbe il 50% dell’intero giro economico
della corruzione in Europa ammontante a 120 miliardi!
A fronte di tali
importi, nel 2011 sono state inflitte condanne solo per 75 milioni di euro.
Nella compilazione di un ipotetica griglia in ordine decrescente riferita
all’incidenza numerica delle sentenze emesse nel decennio si prospetta il
seguente quadro: Corruzione n. 6603 reati; Peculato n. 4737 reati; Abuso
d’ufficio n. 4634 reati; Concussione n. 2579 reati. In sintesi si rileva come a
fronte di un totale di 18.553 di reati oggetto di sentenza di condanna passata
in giudicato, rispetto al dato complessivo, la corruzione costituisce il 35,5%,
il peculato il 25,5%, l’abuso d’ufficio il 24,9% e la concussione il 13,9%.
La Corte dei
Conti ricorda comunque che "il
nostro Paese nella classifica degli Stati percepiti più corrotti nel mondo
stilata da Transparency International per il 2011 assume il non commendevole
posto di 69 su 182 paesi presi in esame e nella Ue è posizionata avanti alla
Grecia, Romania e Bulgaria".
I “parametri
di riferimento”.
I paramenti di riferimento per giudicare la malamministrazione possono essere
sostanzialmente due: • “regole morali” ritenute rilevanti o consolidate
in un determinato contesto sociale; • “regole giuridiche” codificate dal
diritto positivo (le leggi, i regolamenti, ecc.) del Paese.
a)
Le regole
morali.
L’integrità può essere definita come la qualità dell’agire in accordo con
valori e le regole morali fondamentali. L’integrità è un concetto applicabile
sia agli individui che alle organizzazioni. L’etica, invece, è l’insieme delle
regole e dei valori che consentono di distinguere ciò che è giusto da ciò che è
sbagliato. Quando si parla di “valori” si fa riferimento a principi in base ai
quali si può dare un peso (giusto/sbagliato) alle diverse possibili azioni che
un individuo può intraprendere. Le “regole” morali invece indicano il
comportamento moralmente corretto in una data situazione. L’etica è il
parametro per valutare l’integrità di un individuo o di un’organizzazione. L’integrità
è il concetto più utile per ragionare e costruire efficaci politiche di
prevenzione. Le politiche “attive” di contrasto del fenomeno corruttivo non si
possono limitare a scoraggiare le fattispecie più “gravi” attraverso
l’inasprimento delle relative sanzioni, ma devono creare un humus sfavorevole
alle stesse, agendo su quelle aree grigie che, se pur non illegali, si
configurano come moralmente inaccettabili. In sintesi, occorre promuovere
l’integrità per non ritrovarsi poi a dover reprimere la corruzione.

Le cause
Cause
socio-culturali: a)
scarsa diffusione di valori morali tra gli individui di un gruppo sociale; b)
tipologia di cultura politica; c) tradizioni culturali (es. logiche
familistiche o claniche) che impongono modelli di comportamento contrari alle
regole.
Cause socio-politiche: a) caratteristiche del processo
politico (inclusa la sua celerità, i suoi ritardi, i modelli di accesso o di
esclusione); b) caratteristiche del sistema politico e amministrativo (es.
decentramento); c) democrazia; d) livello di fiducia dei cittadini nelle
istituzioni; e) stabilità politica.

Cause giuridiche: a) la legislazione contro la corruzione e la sua effettiva
applicazione.
Gli effetti
In
termini generali gli effetti negativi della corruzione sono di due ordini: •
danni di ordine economico (investimenti, crescita economica, livelli di
sviluppo, ecc.); • danni di carattere sociale e morale (sfiducia nelle istituzioni,
conflitti sociali, ecc.).
Le
due tipologie di effetti sono correlate: i bassi livelli di fiducia dei
cittadini nelle istituzioni hanno impatti economici negativi, rendendo più
costose e inefficienti le transazioni commerciali. Concentrandosi sugli impatti
economici, essi possono essere sintetizzati come segue: • la corruzione è una
“tassa occulta” sulle imprese ed ha effetti negativi sugli investimenti; • la
corruzione costituisce una barriera alla concorrenza e, quindi, determina
inefficienze nel sistema economico; • la corruzione genera inefficienze di tipo
allocativo, dal momento che indirizza l’allocazione delle risorse verso
destinazioni non efficienti; • la corruzione riduce l’efficacia della spesa
pubblica.
(fine seconda parte ... continua)
Euro Mazzi
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