I
recenti eventi alluvionali hanno reso evidente che le precipitazioni, sempre
più intense e frequenti per i cambiamenti climatici in atto, colpiscono un
territorio che ogni anno è reso sempre più vulnerabile dal consumo di suolo, nonché
da interventi approssimativi e non adeguati per rappresentare una efficace
mitigazione del rischio idrogeologico.
Il
contesto climatico sta trasformando in ordinario quella che prima era
considerata un’eccezionalità. Se infatti le frane e le alluvioni non sono una
novità nel nostro Paese, negli ultimi anni questi eventi sono diventati sempre
più frequenti.
Questo
fenomeno al momento è stato contrastato solo con interventi di somma urgenza
invece che su un’azione di prevenzione e manutenzione diffusa su tutto il
territorio. L’elevata frequenza di questi fenomeni meteorologici e un
territorio sempre più vulnerabile alle frane e alle alluvioni fanno registrare
ogni anno danni in termini economici, sociali, ambientali e, purtroppo, anche
di vite umane.
Tuttavia,
il minimo comun denominatore di questa situazione si chiama consumo di suolo,
agricolo e naturale, e mancata manutenzione ordinaria del territorio.
Uno
sviluppo economico irresponsabile ha puntato tutto sull’edilizia e sulle grandi
opere mentre desertificava le produzioni di eccellenza del “Made in Italy”,
dalla produzione agricola all’industria manifatturiera. Questo ha portato ad
una urbanizzazione incontrollata e guidata dalla rendita fondiaria ed
immobiliare, con una eccessiva cementificazione, il disboscamento, il mito
delle grandi opere infrastrutturali, spesso alimentate dal malaffare,
l’apertura di cave ovunque.
In
sintesi si è verificato un consumo di territorio che non ha pari in Europa.
Il
suolo è una risorsa naturale limitata, di fatto non rinnovabile, necessaria non
solo per la produzione alimentare e il supporto alle attività umane, ma anche
per la chiusura dei cicli degli elementi nutritivi e per l’equilibrio della
biosfera.
Insieme
con aria e acqua, il suolo è essenziale per l’esistenza delle specie presenti
sul nostro pianeta. Conseguentemente, il suo deterioramento ha ripercussioni
dirette sulla qualità delle acque e dell’aria, sulla biodiversità e sui
cambiamenti climatici, ma può anche incidere sulla salute dei cittadini e
mettere in pericolo la sicurezza dei prodotti destinati all’alimentazione umana
e animale.
Il
suolo è una risorsa non rinnovabile che l’uomo, con le sue attività, ‘consuma’:
le abitazioni, le strade, le ferrovie, i porti, le industrie occupano porzioni
di territorio trasformandole in modo pressoché irreversibile.
Il
consumo di suolo deve essere inteso come un fenomeno associato alla perdita di
una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all’occupazione di superficie
originariamente agricola, naturale o seminaturale.
Il
fenomeno si riferisce, quindi, a un incremento della copertura artificiale di
terreno, legato alle dinamiche insediative. Un processo prevalentemente dovuto
alla costruzione di nuovi edifici, capannoni e insediamenti, all’espansione
delle città, alla densificazione o alla conversione di terreno entro un’area
urbana, all’infrastrutturazione del territorio.
Il
concetto di consumo di suolo deve, quindi, essere definito come una variazione
da una copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura
artificiale del suolo (suolo consumato).
La
rappresentazione più tipica del consumo di suolo è, quindi, data dal crescente
insieme di aree coperte da edifici, capannoni, strade asfaltate o sterrate,
aree estrattive, discariche, cantieri, cortili, piazzali e altre aree pavimentate
o in terra battuta, serre e altre coperture permanenti, aeroporti e porti, aree
e campi sportivi impermeabili, ferrovie ed altre infrastrutture, pannelli
fotovoltaici e tutte le altre aree impermeabilizzate, non necessariamente
urbane.
L’impermeabilizzazione
rappresenta la principale causa di degrado del suolo in Europa, in quanto
comporta
un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce al riscaldamento globale,
minaccia la
biodiversità,
suscita particolare preoccupazione allorché vengono ad essere ricoperti terreni
agricoli
fertili
e aree naturali e seminaturali, contribuisce insieme alla diffusione urbana
alla progressiva e
sistematica
distruzione del paesaggio, soprattutto rurale
Il
ritmo di questi processi è cresciuto parallelamente allo sviluppo delle
economie, è un fenomeno globale, ma che è più problematico in paesi di antica e
intensa antropizzazione come l’Italia, in cui, per la scarsità di suolo
edificabile, l’avanzata dell’urbanizzazione contende il terreno all’agricoltura
e spinge all’occupazione di aree sempre più marginali, se non addirittura non
adatte all’insediamento, come quelle a rischio idrogeologico.
Nel
nostro Paese è ancora fortissima la tendenza a cementificare disordinatamente
il suolo libero non solo per colpa dell’abusivismo edilizio ma anche a causa di
strumenti urbanistici superficiali e sbagliati; si costruisce anche per portare
soldi nelle casse dei Comuni; anche le strade, spesso, si realizzano
soprattutto per poi rendere fabbricabili le aree attraversate.
L’urbanizzazione
riguarda spesso i terreni più fertili, ad esempio quelli delle pianure
alluvionali, dove maggiore è la perdita di capacità della produzione agricola e
dove la rimozione, per la costruzione di edifici o infrastrutture, di suoli
agricoli gestibili tramite misure di agricoltura conservativa, ci priva ancora
di più del suo potenziale per la fissazione naturale di carbonio, influendo
direttamente sui mutamenti climatici.
Infatti,
un suolo compromesso dall’espansione delle superfici artificiali e impermeabilizzato,
con una ridotta vegetazione e con presenza di superfici compattate non è più in
grado di trattenere una buona parte delle acque di precipitazione atmosferica e
di contribuire, pertanto, a regolare il deflusso superficiale. Il dilavamento
dei suoli e delle superfici artificiali da parte delle acque di scorrimento
superficiale determina anche un incremento del carico solido e del contenuto in
sostanze inquinanti, provocando un forte impatto sulla qualità delle acque
superficiali e sulla vita acquatica.
Inoltre,
compromettere la capacità del suolo di immagazzinare acqua e l’assorbimento di
pioggia nel suolo produce una serie di effetti sul ciclo idrogeologico. Le
precipitazioni che si infiltrano nei suoli, infatti, fanno aumentare in misura
significativa il tempo necessario per raggiungere i fiumi, riducendo il flusso
di picco e quindi il rischio di alluvione.
Che
fare? Alcune sintetiche proposte:
-
Limitare
l’impermeabilizzazione del suolo significa impedire la conversione di aree
verdi e la conseguente copertura artificiale del loro strato superficiale o di
parte di esso.
-
Promuovere
le attività di riutilizzo di aree già costruite, compresi i siti industriali
dismessi.
-
Incentivare
l’investimento sul patrimonio edilizio esistente.
-
Incentivare
il riuso dei suoli già compromessi e la rigenerazione urbana.
-
Tutelare
tutte le aree non edificate e non impermeabilizzate, anche in ambito urbano, e
non solo le aree agricole.
-
Adottare
misure di compensazione ecologica.
-
Sostenere
progetti di recupero, di bonifica o di ripristino delle aree a rischio
idrogeologico, ambientale e sismico.
-
Impedire
la perdita delle aree agricole e boschive, in particolare nelle zone
circostanti le aree urbane.
-
Impedire
la diffusione di insediamenti a bassa densità dal centro urbano verso l’esterno
(urban sprawl).
Il
consumo di suolo e il dissesto idrogeologico possono e devono essere fermati
attraverso una
rivisitazione complessiva delle politiche produttive ed energetiche, ponendo in essere una vera conversione ecologica che crei nuovi posti di lavoro e attività produttive e infrastrutturali veramente rispettose delle vite umane, del territorio, dell’eco-sistema, del paesaggio e del patrimonio artistico-culturale. Occorre soprattutto che gli strumenti urbanistici rispecchino questo obiettivo di limitazione del consumo del suolo
rivisitazione complessiva delle politiche produttive ed energetiche, ponendo in essere una vera conversione ecologica che crei nuovi posti di lavoro e attività produttive e infrastrutturali veramente rispettose delle vite umane, del territorio, dell’eco-sistema, del paesaggio e del patrimonio artistico-culturale. Occorre soprattutto che gli strumenti urbanistici rispecchino questo obiettivo di limitazione del consumo del suolo
I CONSIGLIERI COMUNALI:
Euro Mazzi,
Maria Luisa Isoppo, Giorgio Salvetti, Francesco Baracchini
Castelnuovo Magra 15/11/2014
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